mercoledì 10 novembre 2010

Il giudice: «Mi faccio la casa in centro»

da: www.lagazzettadelmezzogiorno.it


BARI - Si considerava «un santo», il protettore dei contribuenti vessati. Ma, per i giudici, aveva «un incontenibile obiettivo di illecito arricchimento ». Il giudice tributario Sandro Quintavalle è il vero dominus del sistema: spregiudicato, a tratti guascone, parla apertamente e senza alcuna remora di sentenze, ricorsi, convocazioni, fascicoli di causa. E di soldi, le gibbanzeche chiede ad avvocati e commercialisti, ma anche di biancheria intima, televisori, biglietti per il tennis. Intorno al giudice tributario Quintavalle, che la finanza mette sotto intercettazione anche in ufficio e in auto, ruotano tutti quelli che hanno in qualche modo a che fare con la sua commissione.
Tanto che lui, a volte, fa addirittura i conti su ciò che dovrà ancora incassare. Come il 17 novembre 2009, mentre è in macchina con il fratello Sesto (ai domiciliari): «Devo fare centomila euro tondi tondi tondi... 2.000 euro mi deve dare Beniamino Di Cagno, 6.000 euro mi deve dare Donato Radogna, 5.000 euro Giorgio Treglia, 15.000 euro uno di Altamura, 8.000 un altro... mi devo prendere un bell’appartamento in centro».
Quintavalle, annota il gip nell’ordinanza, sapeva benissimo di essere oggetto delle attenzioni dei finanzieri. Eppure, ha sempre proseguito nella sua attività parallela: «Nell'intero periodo di svolgimento delle indagini - dicono i magistrati - il Quintavalle non ha mai interrotto la realizzazione delle condotte delittuose, che appaiono chiaramente frutto di un vero e proprio sistema ampiamente collaudato e sperimentato ».
E non si tratta soltanto di puntare al denaro, che pure non manca: numerosi commercialisti e avvocati «riforniscono » il giudice tributario con un compenso monetario. In alcuni casi, infatti, lui punta anche sui regali. Anche assolutamente futili: al commercialista della ditta Putignano di Noci, Franco Della Corte (finito ai domiciliari), che vuole informazioni su un ricorso per l’Ici, lui chiede ad esempio i biglietti per il tennis (Raffaele Putignano è il proprietario di Nova Yardinia, dove si sono svolte alcune manifestazioni internazionali). In questa intercettazione i due parlano del ricorso:
Della Corte: «Raffaele proprio stamattina mi ha chiesto... “Sandro ti ha fatto sapere niente a proposito della questione dell’Ici?”».
Sandro: «Ah, su questa question e...».
Della Corte: «E io gli dissi... No l’ultima volta che sono andato con Sandro lui mi ha detto di stare tranquillo che in pratica ha...».
Sandro: «E vabbè ma... Stefano Montanari non ti ha aggiornato?».
Della Corte: «No».
Il problema della ditta Putignano, ricostruisce il gip, è una cartella esattoriale da 920.000 euro: la sentenza «è stata totalmente favorevole al contribuente (...) nonostante le diverse indicazioni della Cassazione ». E quella sentenza, secondo la procura, sarrebbe stata ottenuta in cambio di «4/5.000 euro e n. 6 biglietti per un torneo di tennis» svolto a luglio 2009, «nonché 3 bottiglie di vino». Ma per quelle bottiglie, contenute in un cestino natalizio, il giudice Sandro Quintavalle si lamenta pure, in una delle consuete chiacchierate in macchina con il fratello Sesto alla vigilia del Natale 2009.
Sesto: «Bottiglie di Selva Rossa».
Sandro: «Che cosa è?».
Sesto: «Vino è, vino».
Sandro: «Portatelo».
Sesto: «Solo questo ha mandato?». (...)
Sandro: «Pensavo che cazzo... è tutto... Tre bottiglie... che cazzo me ne frega».
Sesto: «Ma tu hai... ma tu hai idea Putignano quante persone c’ha?». (...)
Sandro: «Ma quanto costa una bottiglia? Per curiosità?».
Sesto: «Dodici euro».
Sandro: «Vale 30 euro quel cestino là, più quella cosa, se mandavano lo scamorzone, due capi di salsiccia, uno spumante...». M
a naturalmente il problema non sono bottiglie e scamorzoni, né le magliette intime («Le fanno lana fuori e cotone dentro?») che chiede a un altro degli arrestati. A Quintavalle sono infatti stati sequestrati tre appartamenti, per un valore di circa 500mila euro: lo studio professionale di via Concilio Vaticano II 148, le abitazioni di via Dalmazia 179 e via Robert Kennedy 2/b, tutti beni che secondo la procura sono «sproporzionati » rispetto alle dichiarazioni dei redditi. Tra il 1992 e il 2008 ha percepito in tutto 489mila euro lordi, cioè meno del valore degli appartamenti: che dunque, è l’ipotesi degli investigatori, insieme ai 200.000 euro in contanti prelevati da una banca in viale Kennedy e trasferiti dal fratello Sesto, costituiscono parte dei proventi della corruzione».
[g.l. - m.s.]

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intervista La7