l'analisi/Il Bilancio votato in cinque minuti: fenomenologia di una certa politica
Il caso Castellaneta, senza opposizione democrazia monca
Per far nascere la democrazia ci sono voluti secoli, ma bastano cinque minuti per farne poltiglia. Il caso di Castellaneta – pochi giri d’orologio per approvare il Bilancio di previsione con un’alzata di mano e senza alcuna discussione, figurarsi con l’opposizione – è un sintomo, l’ennesimo, della patologia di cui soffre la democrazia contemporanea, almeno in Italia.
Senza tirare in ballo la Costituzione di Clistene (Atene, 507 avanti Cristo) o tutto ciò che ne è derivato sino alla Rivoluzione Francese del 1789, per capire quanto la democrazia sia argomento delicato, basti ricordare ciò che ne pensava Winston Churchill, uno che il “governo del popolo” (secondo l’etimologia greca) l’ha difeso dal Nazifascismo: «La democrazia è la peggiore forma di governo, a eccezione di tutte le altre». E’, insomma, una forma di governo perfettibile con un problema di fondo: ci sarà sempre chi brigherà, o agirà, per ottenere l’esatto opposto. Dunque, è come correre su un tapis roulant, sempre in precario equilibrio. E ogni tanto si finisce a gambe levate.
A Castellaneta, nel loro molto piccolo, è andato in scena un episodio – singolo, vogliamo crederlo – di democrazia minore, una specie di amministrazione col cronometro in cui non è prevista la controparte, cioè l’opposizione, perchè avvertita come un fastidio. Una roba che, appunto, fa perdere tempo ad una maggioranza fast-food che, come fosse un cibo precotto “scongela” un atto fondamentale come il bilancio e lo cuoce a puntino. E giù coi baci al volo, il darsi di gomito e i sorrisini come in un filmetto di Pierino, alias Alvaro Vitali, per la “geniale trovata”.
Senza minimamente tener conto che aspettare qualche minuto (al di là dell’avvilente premeditazione del blitz, preparato come in un film di spie con gli orologi sincronizzati) oltre a chiamare in causa la pura buona creanza, rappresenta semplicemente il modo per rendere compiuto il rito democratico, altrimenti monco, che si consuma nel Consiglio comunale. Se manca l’opposizione non è più facile governare, ma si può farlo senza alcun controllo. La sua presenza, invece, è così connaturata alla democrazia occidentale che accampare scuse come “il ritardo” risulta una toppa peggiore del buco.
Il che non può certo rassicurare gli amministrati, di destra, di sinistra e di centro, sul “come” viene gestita la cosa pubblica. Anzi, fa sorgere il concreto dubbio che nella “casa di vetro”, una volta oscurate le finestre, si possa fare quel che gli pare. Povera democrazia.
Senza tirare in ballo la Costituzione di Clistene (Atene, 507 avanti Cristo) o tutto ciò che ne è derivato sino alla Rivoluzione Francese del 1789, per capire quanto la democrazia sia argomento delicato, basti ricordare ciò che ne pensava Winston Churchill, uno che il “governo del popolo” (secondo l’etimologia greca) l’ha difeso dal Nazifascismo: «La democrazia è la peggiore forma di governo, a eccezione di tutte le altre». E’, insomma, una forma di governo perfettibile con un problema di fondo: ci sarà sempre chi brigherà, o agirà, per ottenere l’esatto opposto. Dunque, è come correre su un tapis roulant, sempre in precario equilibrio. E ogni tanto si finisce a gambe levate.
A Castellaneta, nel loro molto piccolo, è andato in scena un episodio – singolo, vogliamo crederlo – di democrazia minore, una specie di amministrazione col cronometro in cui non è prevista la controparte, cioè l’opposizione, perchè avvertita come un fastidio. Una roba che, appunto, fa perdere tempo ad una maggioranza fast-food che, come fosse un cibo precotto “scongela” un atto fondamentale come il bilancio e lo cuoce a puntino. E giù coi baci al volo, il darsi di gomito e i sorrisini come in un filmetto di Pierino, alias Alvaro Vitali, per la “geniale trovata”.
Senza minimamente tener conto che aspettare qualche minuto (al di là dell’avvilente premeditazione del blitz, preparato come in un film di spie con gli orologi sincronizzati) oltre a chiamare in causa la pura buona creanza, rappresenta semplicemente il modo per rendere compiuto il rito democratico, altrimenti monco, che si consuma nel Consiglio comunale. Se manca l’opposizione non è più facile governare, ma si può farlo senza alcun controllo. La sua presenza, invece, è così connaturata alla democrazia occidentale che accampare scuse come “il ritardo” risulta una toppa peggiore del buco.
Il che non può certo rassicurare gli amministrati, di destra, di sinistra e di centro, sul “come” viene gestita la cosa pubblica. Anzi, fa sorgere il concreto dubbio che nella “casa di vetro”, una volta oscurate le finestre, si possa fare quel che gli pare. Povera democrazia.
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